Intanto, sappiamo quanti sono e dove
sono maggiormente concentrati?
I piccoli
musei sono distribuiti in tutto il Paese, sono presenti praticamente in tutti i
comuni italiani, e anche se ufficialmente ne risultano meno di 5 mila, credo
che si possa affermare che in realtà sono molto più del doppio. Solo in
Piemonte sono più di mille. E il fatto che nessuno sappia esattamente quanti
sono, credo dica tutto sul disinteresse che molte istituzioni hanno, e non da
ora, nei confronti di questa realtà.
Il boom dei visitatori di cui parla
Franceschini è mai arrivato a coinvolgere i piccoli musei?
Non parlerei
di boom di visitatori nei piccoli musei. Certo posso confermare che molti
piccoli musei negli ultimi anni hanno visto aumentare gli ingressi in maniera
sensibile, al punto che oggi vi sono piccoli musei che registrano oltre 50 mila
ingressi in un anno. Un dato davvero straordinario.
In questi
casi si tratta di piccoli musei che l’Associazione Nazionale propone come
modelli gestionali innovativi e creativi, e che devono gran parte del loro
successo ad una idea chiare dell’essere “piccolo” museo, al forte legame con la
comunità locale, nonché alla capacità di valorizzare la cultura locale e di
svolgere una funzione di richiamo. Ma parlando in generale i piccoli musei
rappresentano ancora l’Italia da scoprire, la coddetta “Italia minore”, e
registrano un numero di visitatori molto contenuto.
Quali le luci del sistema piccoli
musei, se esistono, quali le ombre
I piccoli
musei rappresentano a tutti gli effetti il tessuto identitario del nostro
Paese. Chiunque li visita rimane contagiato dalla passione che li anima, e riesce
ad entrare in contatto con la realtà più vera, con le radici della nostra
cultura. Da questo punto di vista i piccoli musei sono “i luoghi per eccellenza
della cultura locale”, luoghi vivi perché chi li tiene aperti, chi accoglie i
visitatori assume lo stesso punto di vista di chi li visita.
Piccoli musei come presidi sociali
oltre che culturali, sul territorio. Mi citi qualche caso di museo integrato
armoniosamente con la comunità di appartenenza?
Non ho che
l’imbarazzo della scelta. Penso al piccolo museo del Diario di Pieve Santo
Stefano in provincia di Arezzo, al museo dell’Orologio da Torre “Bergallo”, di
Tovo San Giacomo in provincia di Savona, al Museo della Centuriazione Romana di
Borgoricco (Padova), alla Collezione Spada di antichi strumenti musicali di
Lecce, al museo della Tonnara di Stintino in Sardegna, al museo della Bussola e
del Ducato Amalfitano di Amalfi, al museo dei Tasso e della storia postale di
Cornello (Bergamo), oppure ai sistemi
museali di Massa Marittima (Grosseto) e di Ugento (Lecce), al museo della
cultura greganica di Calimera (Lecce), al museo del Peperoncino di Maierà
(Cosenza), all’area archeologica Massaciuccoli Romana, a Massarosa (Lucca), al museo dell'Ovo Pinto, su Lago Trasimeno, al museo del Cavallino e
della Giara di Genoni (Oristano), al museo del vento di Trieste, il museo
archeologico di Montelupo Fiorentino…
Quale la cura per rivitalizzare il tutto?
Il sistema dei piccoli musei
rappresenta in Italia il 99% dei musei italiani, ma tutte le norme e gli
standard che regolamentano il sistema sono stati pensati su misura dei grandi
musei. Di qui gran parte dei problemi che conosciamo. Se davvero il Ministero e
le Regioni vogliono valorizzare questo immenso patrimonio diffuso devono
riscriverne le regole, con umiltà, partendo dalla realtà del nostro Paese.
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